mercoledì, ottobre 25, 2006

L'Angelo Sterminatore


Tratto da un soggetto teatrale scritto da José Bergamin intitolato Los naufragos e sceneggiato oltre che dallo stesso Buñuel anche da Luis Arcoriza, L'angelo Sterminatore è uno dei film più belli diretti dal grande maestro spagnolo. La trama è solo un pretesto per scavare nei meandri della psicologia umana del mondo borghese la cui morale, per Buñuel, diventa antimorale. Dopo una prima teatrale, una comitiva dell'alta borghesia viene invitata a cena in una villa di amici. Sul tardi, mentre ascoltano una pianista, si accorgono che la servitù si è inspiegabilmente eclissata. Cercano di uscire dalla villa ma qualcosa li trattiene. Sono prigionieri di loro stessi e improvvisamente si ritrovano, quasi fosse il giorno dell'Apocalisse, a piangere sul loro destino. La situazione si fa sempre più tesa, i loro dialoghi sempre più amari e violenti fino al "sacrificio carnale" di una giovane ragazza che viene posseduta dal loro ospite. Solo allora crederanno di essersi liberati dal loro incubo.

"Tratto da un soggetto teatrale scritto da José Bergamin intitolato Los naufragos e sceneggiato oltre che dallo stesso Buñuel anche da Luis Arcoriza, L'angelo Sterminatore è uno dei film più belli diretti dal grande maestro spagnolo. La trama è solo un pretesto per scavare nei meandri della psicologia umana del mondo borghese la cui morale, per Buñuel, diventa antimorale. Dopo una prima teatrale, una comitiva dell'alta borghesia viene invitata a cena in una villa di amici. Sul tardi, mentre ascoltano una pianista, si accorgono che la servitù si è inspiegabilmente eclissata. Cercano di uscire dalla villa ma qualcosa li trattiene. Sono prigionieri di loro stessi e improvvisamente si ritrovano, quasi fosse il giorno dell'Apocalisse, a piangere sul loro destino. La situazione si fa sempre più tesa, i loro dialoghi sempre più amari e violenti fino al "sacrificio carnale" di una giovane ragazza che viene posseduta dal loro ospite. Solo allora crederanno di essersi liberati dal loro incubo." "L'ironia corrosiva di Bunuel ha percorso la storia del cinema come un brivido,gli effetti si sono propagati lontano e in fondo lo stesso Almodovar gli deve molto...Viridiana per esempio potrebbe essere un personaggio perfetto per il monellaccio di Madrid... L'angelo sterminatore con quel confine invisibile e invalicabile lascia gli spettatori increduli ma anche atterriti ...un thriller che potrebbe sembrare una commedia, ma che in fondo è un horror perchè tratta il tema della paura...sicuramente è un film drammatico ed è così che Bunuel tocca tutti i generi! Il minimo comun denominatore è dunque la paura oltre alla satira sociale. La paura degli altri e di tutto ciò che è al di fuori di noi ...la paura di un castigo...e la miserabile fine di tutte le filosofie, religioni e superstizioni di fronte all'abbacinante semplicità della realtà...il confine però è superabile, accessibile...solo non vogliamo accettare probabilmente che l'angelo sterminatore non ci sia..."
"Don Luis Bunuel firma uno dei suoi film più neri e geniali, una parabola apocalittica violentissima che prende di mira i pregiudizi (estetici e morali) della classe borghese (come più tardi farà di nuovo nel «Fascino discreto della borghesia»). Sorretto da una sceneggiatura formidabile, piena di trovate grottesche e grondante di una satira feroce, "El Angel Exterminador" rimane nel novero dei film più interessanti del maestro di Città del Messico, e uno dei massimi capolavori della Settima Arte. Con in più alcune sequenze indimenticabili in classico stile surrealista (so veda l'arrivo dell'orso o la fuga delle pecore nel finale, o ancora di più la mano che cammina). Splendido."
"Troppo spesso ultimamente siè scomodato a sproposito il termine capolavoro per film inutili destinati fra qualche tempo all'oblio o per kolossal/fumettoni alla "Signore degli AnelLi".Eppure per questa opera del 1962 del grandissimo maestro spagnolo LUIS BUNUEL non posso trovare altre definizioni più calzanti.L'esimio cineasta,sfruttando il linguaggio a lui caro del surrealismo firma una perfetta regia illuminata da una sceneggiatura di lucidissima intelligenza per analizzare con spietatezza la condizione di prigionia ed impotenza che affligge l'uomo.La storia,molto semplice,tratta di un gruppo di raffinati borghesi ed artisti che dopo una cena ed una gradevole serata,restano imprigionati per un misterioso incantesimo in una stanza della villa.In questa paradossale situazione la loro educazione,i loro atteggiamenti cortesi,le loro buone maniere,subiscono un profondo mutamento,una degradazione.La loro falsa personalita',acquisita nel corso della loro vita e le loro certezze,crollano come castelli di carta,facendo emergere l'istintualità primaria,il disordine dell'inconscio,la perdita del controllo e del ritegno,l'aggressività.Bunuel evidenzia come in un teatro delle marionette mistico,la ripetitività dei gesti,delle situazioni,dei vincoli che ci imprigionano e l'impotenza dell'uomo a spezzarli,demolendo peraltro con la sua impietosa analisi della borghesia,ogni differenza di classe sociale.Semplicemente fantastico come il maestro spagnolo indaga per mezzo della telecamera nell'inconscio dei personaggi e nei loro deliri onirici,evidenziando perfettamente come l'uomo menta a se stesso,giustificando o rimuovendo quello che riguarda la sua prigionia e la sua impotenza giungendo così ad accettarla in maniera naturale,senza porsi fastidiose domande.In quella stanza c'e' il mondo,microcosmo e macrocosmo dove le leggi son sempre le stesse e gli attori/uomini "recitano" con i loro incubi ed istinti ancestrali e bestiali.Altri simbolismi biblici e non permeano l'opera,come l'orso che si aggira per la casa pronto a cibarsi" dei borghesi o gli agnelli che entrano nella stanza e,alla fine,nella cattedrale.Illuminante la sequenza finale dove il regista sottolinea l'inutilità del moderno rito cattolico e della morale della Chiesa con l'ennesimo meccanismo d'imprigionamento. La ripetività della vita.


Scheda Tecnica:


Titolo originale: El angel exterminador

Regia: Luis Buñuel.
Attori: Silvia Pinal, Enrique Rambal, Jacqueline Andere, José Baviera, Augusto Benedico, Claudio Brook, Antonio Bravo, César del Campo, Rosa Elena Durgel, Lucy Gallardo, Enrique García Álvarez, Ofelia Guilmáin, Nadia Haro Oliva, Tito Junco, Xavier Loya.
Genere: Drammatico.
Bianco e Nero
Durata:95 minuti.
Produzione Messico
Anno: 1962.

giovedì, ottobre 19, 2006

Viridiana



Prima di andare a prendere i voti, VIridiana va a trovare lo zio Don Juan. Questi s'innamora di lei e, non potendo far altro, s'impicca. Viridiana non partirà più. Uno dei capolavori di Bunuel, e il film che inaugura la sua seconda giovinezza. Viridiana è una santa impossibile, che attraverserà il mondo portando più morte e distruzione che bene. Un film laicissimo e inquieto, la cui rappresentazione della religione lo ha reso scandaloso. Palma d'oro a Cannes in rappresentanza della Spagna.
Titolo originale: Viridiana
Regia: Luis Buñuel
Interpreti: Fernando Rey Francisco Rabal Silvia Pinal
Durata: 91'
Genere: Drammatico

Recensioni:
"La potenza figurativa delle immagini, non di rado pittoricamente elaborate, l'efficacia polemica di un montaggio a scacchi usato con precisi intenti espressivi e la suggestione di alcune pagine, non valgono a riscattare l'opera stilisticamente discontinua, ambigua e barocca, né a giustificare la paradossalità delle situazioni e la portata patologica dei personaggi piegati indistintamente al furore polemico dell'autore. Infatti Bunuel cerca invano di conferire plausibilità all'ibrida mescolanza degli elementi di cui si serve, affidando a contorti simboli il demoniaco misticismo che pervade l'opera"
"Mai ritorno in patria fu così amaro e contestato. Era il 1960 e dopo trent’anni di esilio, Luis Buñuel, ormai sessantenne, tornava a lavorare nella sua Spagna, da dove non era più rientrato dopo la sconfitta dei repubblicani nella Guerra Civile del 1936. Da allora aveva girovagato per il mondo, producendo i suoi film prevalentemente in Messico e in Francia. Ma Viridiana, che pure era l’occasione di tornare in patria, non smentì l’impeto irriverente del grande regista surrealista. E fu scandalo. Il film venne presentato a Cannes nel 1961 e vinse la Palma d’Oro. Questo successo lo mise sotto il tiro delle reazioni del mondo cattolico, e l’Osservatore Romano lo bollerà come “un insulto alla religione cristiana”. Il dittatore Franco stesso destituirà il direttore generale del cinema in Spagna, reo di aver prodotto un film così blasfemo. E il film sarà proibito in Spagna e, pure nel resto del mondo, non avrà certo vita facile (provate a cercarlo in una normale programmazione televisiva... è introvabile). A cosa fu dovuta tanta reazione inconsulta? All’ateismo di Buñuel? Forse. Ma più di tutti ad una sorta di “sconsacrazione dell’iconografia cattolica” che irritò profondamente il Vaticano. Crocifissi che divengono coltelli, suore novizie vestite da spose per compiacere un vecchio, dei barboni che mimano visivamente l’ultima cena di Leonardo, con un cieco al posto del Cristo, ecc. tutti elementi dissacratori, caratteristici del cinema di Buñuel, e assolutamente indigestibili dall’Establishment cattolico. Eppure Buñuel confeziona un film e una storia esemplari, dove ogni debolezza umana, fosse della ricca borghesia o del proletariato più misero, veniva messa in mostra, con cattiveria e pessimismo. Viridiana è una giovane novizia che, richiamata dal convento dallo zio che l’ha mantenuta, diviene oggetto di desiderio proprio del vecchio Don Jaime (Fernando Rey). Il quale, prima proverà con la persuasione, poi con il sonnifero, poi con l’inganno, infine con l’implorazione, per trattenere la giovane nipote, della quale si è invaghito e nella quale ritrova le grazie della moglie da tempo scomparsa. Buñuel ricostruisce un set che rimanda vagamente a quelli “cormaniani” del ciclo Edgar Allan Poe, e il Don Jaime di Fernando Rey ha le fattezze dei personaggi vampireschi e/o malinconici e dannati interpretati da Vincent Price. In quest’atmosfera “bloccata”, il film si divide in due parti assai diverse eppure complementari. Nella prima assistiamo alla seduzione mancata di Viridiana da parte dello zio; nella seconda, morto quest’ultimo suicida, troviamo la giovane che, abbandonato il convento, decide di darsi alla bontà, aprendo le porte della propria casa ai poveri barboni della zona. Ricco di elementi disturbanti - la cena finita in orgia dei poveracci, il finto stupro dello zio a Viridiana, l’arrogante esuberanza del figlio Jorge (Francisco Rabal), il film come tutti quelli di Buñuel non sembra lasciar scampo, e il finale emblematico è tra i più inquietanti di tutta la sua filmografia. La San Paolo (incredibile, ma vero, ma proprio un editore cattolico ha scelto di immortalare questo film ndr) va apprezzata per aver avuto il coraggio di far uscire in DVD un film piuttosto raro, che presenta negli extra una lunga presentazione del film, divisa in capitoli, da parte del critico Fernaldo Di Giammatteo, e le schede biofilmografiche del regista e degli interpreti. Purtroppo non è presente l’audio originale".